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LA CATTEDRALE DI SAN PELINO
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La Cattedrale di San Pelino è uno dei monumenti più significativi nel panorama dell’architettura romanica abruzzese. Il complesso architettonico, denominato anche Basilica Valvense dal nome della Diocesi, è costituito da tre corpi principali: la Cattedrale vera e propria è posta al centro, affiancata a destra dall’Oratorio di S. Alessandro e a sinistra dall’Episcopio, ex sede di un Monastero di suore di clausura.
Il vescovo Trasmondo
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La primitiva basilica sorse sulla tomba di San Pelino, vescovo di Brindisi, martire al tempo di Flavio Claudio Giuliano, nel sepolcreto sito nei pressi della città di Corfinium, capitale dei popoli italici insorti contro Roma.
S.Pelino da Brindisi venne deportato a Corfinio e qui condannato a morte e ucciso il 5 dicembre del 662. Così si legge nel libro liturgico “Martirologio Romano”:
"A Pentima in Abruzzo san Pelino vescovo di Brindisi, il quale sotto Giuliano Apostata (essendo caduto alle di lui orazioni il Tempio di Marte) da' Pontefici de' Tempii fieramente battuto e trafitto con ottantacinque ferite, meritò la corona del martirio".
Secondo la tradizione la costruzione della chiesa di S. Pelino si deve ad un suo discepolo: Cipriote.
Nel 1075 il vescovo Trasmondo, prediletto del grande pontefice Gregorio VII, promosse la riedificazione della basilica insieme a quella di San Panfilo di Sulmona, utilizzando le maestranze che avevano da poco edificato San Liberatore alla Majella. La nuova cattedrale assunse un valore emblematico nella politica papale anti-normanna, di cui Trasmondo era fautore.
I lavori si interruppero nel 1092 con la consacrazione della sola parte realizzata, il transetto monoabsidato del cosiddetto mausoleo di Sant'Alessandro, fatto costruire sul fianco destro della chiesa di San Pelino per custodire le spoglie di papa Alessandro I (109-119) pare dal capitano normanno Ugo Malmozzetto, come dichiaravano due iscrizioni in marmo conservate in sito e leggibili ancora nel XVII secolo dallo storico Ughelli.
L'opera fu ripresa e portata a termine dal vescovo Gualtiero (1104-1124), che consacrò solennemente la cattedrale nel 1124. In una lapide oggi scomparsa, ma della quale riferì Ughelli, era scritto che il nuovo vescovo di Valva, l’abate Gualtiero “die’ mano alla fabbrica per la nuova chiesa di San Pelino, accosto a quella di Sant’Alessandro (..) che nel 1124 vide completata. Vi trasportò le reliquie del Santo, che di sua mano ripose nell’altare maggiore”.
La chiesa fu poi nuovamente consacrata nel 1181 in occasione della deposizione delle reliquie di San Pelino; alla stessa epoca risale il pulpito.
In seguito la struttura fu incendiata nel 1229 e successivamente restaurata da tale Giustino da Chieti, il cui nome e la data (1235) si trovano scolpiti all'interno della chiesa. Verso la fine del XIII secolo è attestata la costruzione dell’Episcopio a fianco della cattedrale.
Più volte devastata da terremoti, la chiesa è stata internamente rifatta secondo il gusto barocco nei secoli XVII e XVIII. Queste aggiunte e rifacimenti sono stati totalmente rimossi nei lavori di restauro promossi negli anni Settanta del secolo scorso, che hanno riportato l'edificio all'antico splendore romanico: in questa occasione è stata eliminata la cupola con il tiburio ed è stata ripristinata la copertura lignea della navata centrale.
All'esterno il possente ed armonico perimetro della chiesa è scandito dalle absidi poste al termine della navata centrale e dei due bracci del transetto; l'insieme, con le arcatelle poggianti su animali che sorreggono le colonnine e le lastre di pietra decorate con differenti motivi, costruisce un segno caratterizzante di tutto il territorio circostante.
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La Facciata
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La facciata è costituita da due parti distinte ed edificate in epoca diversa.
Lo Stile
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La parte inferiore consta di due arconi ciechi e di un portale centrale decorato con fregi e volute, affiancato da due lesene e sormontato da una lunetta. La parte superiore è priva di ogni elemento decorativo. Un portale secondario si apre sul fianco sinistro della chiesa.
Agli imponenti spazi e alle rigorose forme del progetto di Trasmondo, nella nuova costruzione subentrarono un’affascinante articolazione di piani, dove sia all’interno che all’esterno si raggiunse una delle massime espressioni dello stile romanico in Abruzzo, caratterizzato dal richiamo all’architettura paleocristiana delle prime basiliche e dall’ispirazione all’arte degli antichi rivisitata in senso cristiano.
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Il Portale
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L’espressione più esaltante di questo richiamo alla cultura classica si ritrova nella ricercata decorazione del portale.
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Le navate
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Attraverso il portale si ha accesso all’interno della chiesa, a tre navate di intensa spiritualità e suggestione, scandite da pilastri che sorreggono archi a sesto acuto e con un transetto preceduto da un arco trionfale e tutto sesto.
Gli ornamenti
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La navata centrale termina con un’abside (terminata nel XIII secolo), mentre altre due absidi si trovano nelle parti esterne del transetto.
L'impostazione basilicale, ritmata da pilastri anziché dalle consuete colonne, nacque dall'unione di elementi prettamente meridionali con altri di derivazione lombarda, all'insegna di una grande chiarezza d'insieme e di una notevole armonia delle proporzioni. In questo senso, le fondazioni di Valva e di Sulmona, entrambe realizzate da maestranze benedettine, rappresentarono una vera novità ed un polo di riferimento per gran parte dell'architettura regionale.
L’allestimento definitivo dell’elegante ornamentazione esterna e la realizzazione del bellissimo arredo liturgico interno, sono da ricondursi al periodo del vescovo Oderisio da Raiano (1164-1188). In questa fase del lavoro i lapicidi abruzzesi, esperti modellatori della pietra locale, diedero vita ad ornamenti di raffinata fantasia. Ovunque è un trionfo di foglie e inflorescenze dell’acanto che insieme alle immagini, ai simboli e alle figure tipiche del medioevo fantastico, danno vita ad un sofisticato gioco di decori che allo stesso tempo impreziosisce e mitiga le forme architettoniche.
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L'AMBONE
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L’ambone in pietra fu realizzato all'epoca del vescovo Oderisio di Raiano, tra il 1182 e il 1188 e appare abbastanza simile a quello che si trova nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Pianella, firmato dal Maestro Acuto.
Fregi e figure
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Alcuni fregi e i capitelli portano però a fare confronti anche con il bellissimo ambone della vicina San Clemente a Casauria. Esso consiste in un palco quadrangolare con uno sporgente lettorino semicilindrico ed è sorretto da quattro colonne con splendidi capitelli finemente lavorati. Tutte le parti strutturali sono decorate con simboli vegetali in cui la perizia dei lapicidi locali si dimostra nella straordinaria capacità di resa degli elementi ondulati e flessuosi delle foglie, dei tralci e delle palmette, attraverso un taglio della materia metallico e sottile.
L’insieme alle cornici con palmette dritte e cuoriformi, tralci incrociati e piccoli grappoli o pignette, compongono l’intelaiatura dei plutei al centro dei quali emergono ornamentali fiori dalle forme ricercate ed eleganti. Il ricamo e la grazia scultorea si ritrovano all’esterno negli elementi decorativi dell’abside poligonale.
Ma l’inesauribile creatività di queste originali maestranze si rivela anche nelle stravaganti figure animalesche e nelle estrose composizioni di intrecci scolpite sotto gli archetti pensili, a loro volta arricchiti con cornici a dentelli di sega e grossi rosoni. Il motivo del fiore o del rosone che si ritrova disseminato in tutte le costruzioni e gli arredi ecclesiastici del Medioevo abruzzese, rappresenta una delle massime espressioni della maestria dei lapicidi locali. Questi, più che dei veri e propri fiori, sembrerebbero l’immagine del cespo d’acanto che visto dall’alto dà vita attraverso un articolato gioco prospettico a una variegata gamma di forme floreali.
L'estrema sobrietà del prospetto contrasta con la ricchezza formale e decorativa dell'abside maggiore, in cui, sapientemente miscelati, emergono elementi di derivazione classica, bizantina accanto a quelli tipicamente romanici. La medesima essenzialità si ritrova all'interno, dove due teorie di arcate confluiscono verso il presbiterio, rialzato e coperto da una volta a crociera.
Un riferimento ancora più evidente al repertorio classico contraddistingue le scelte scultoree, messe a punto dai decoratori abruzzesi nel primo decennio del XII secolo, secondo un atteggiamento culturale rivolto ai modelli antichi che trovò nella chiesa valvense una delle sue massime espressioni.
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Il Pulpito
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Testimonianza eminente di questa tendenza è il pulpito che domina nella navata mediana, realizzato anch’esso al tempo del vescovo Oderisio.
Il coro
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Qui la decorazione, che rinuncia ad ogni contenuto narrativo, per una vivace stesura degli ornati ed il fine intaglio del fogliame, tocca un vertice, per la maestria dell'esecuzione e per la raggiunta armonia generale dell'impianto.
Spettacolare il coro ligneo intagliato del presbiterio, realizzato da Ferdinando Mosca nel 1738.
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GLi Affreschi
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Molto belli gli affreschi, dipinti a più riprese tra il XIII e il XVI secolo, come l’Estasi di San Francesco di fine Duecento.
Le figure religiose
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Nella sagrestia, sulla sinistra dell’altare, è conservata una tela dipinta nel 1897 da Teofilo Patini, celebre pittore nato a Castel di Sangro, che raffigura una Crocifissione dai toni cupi, dei primi decenni del Quattrocento. Un altro affresco interessante è la figura a tutta altezza di Sant’Antonio da Padova, raffinata ed elegante. Infine nella nicchia ad arco dell’abside di destra, racchiusa in una colorata cornice, fatta di bande e tralci dai colori vivaci e variegati, vi è l’immagine di S. Benedetto rivolto verso il centro della composizione, dov’è un Cristo con ali da cherubino. I colori, le linee e quel piccolo arbusto ai piedi del Santo sono caratteri stilistici riconducibili allo sviluppo locale della pittura duecentesca.
Poco distante, incastonata nella parete, si ammira una Madonna col Bambino a bassorilievo del XII secolo
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L'Oratorio di Sant'Alessandro
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L'Oratorio di Sant’Alessandro, che si diparte dal corpo basilicale e termina con una torre di difesa, fu eretto sul fianco destro della chiesa di San Pelino per custodire le spoglie di papa Alessandro I (109-119), anche se il luogo della sepoltura non è mai stato identificato.
Decori e affreschi
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L’oratorio e la massiccia torre quadrangolare attaccata sul fianco sinistro, rivelano a pieno l’intenzione propagandistica del loro committente. Due edifici realizzati sui resti dell’antica e celebre Corfinium, un tempo eletta Capitale degli Italici. Molte delle sue vestigia, disseminate in quella zona, vennero recuperate ed incassate tra le mura delle nuove costruzioni.
Gli splendidi fregi con decorazioni a tralci vegetali e fiori, le cornici a dentelli ed ovoli, i massi lapidei con le iscrizioni romane, i frammenti di colonne, plutei, capitelli corinzi e basamenti disseminati nel cortile, vennero reimpiegati con uno scopo preciso: quelle testimonianze di un memorabile passato dovevano valorizzare ed esaltare i nuovi edifici, simboli visibili del potere e della fermezza del rinnovato insediamento ecclesiastico.
La pianta rettangolare dell’Oratorio termina con un'abside. L'interno della struttura è diviso in quattro campate con volta a crociera.
A decoro delle pareti troviamo due affreschi del ‘300, con immagini sacre di carattere aulico e celebrativo. In uno troviamo raffigurato S. Alessandro, patrono di Corfinio; il pontefice, in atto benedicente, è posizionato di fronte ad una cortina riccamente decorata, sorretta da due angeli, e ai suoi piedi si trovano due piccoli monaci vestiti di bianco in preghiera. Questi ultimi sono i cosiddetti committenti, ovvero coloro che pagavano l’artista per realizzare l’opera. Era uso comune che ricchi personaggi, molto devoti, finanziassero affreschi e tele da donare alla chiesa cui erano più legati e chiedessero poi di essere ritratti, a testimonianza del loro gesto generoso.
Il secondo affresco, opera probabilmente realizzata da un altro maestro, è una sequenza di Santi: Giovanni Evangelista, Onofrio in vesti di eremita, Anatolia e Caterina d’Alessandria.
Nell'Oratorio di Sant'Alessandro gli scavi archeologici hanno riportato alla luce i resti di una necropoli paleocristiana, sorta in un'area già precedentemente utilizzata come luogo di sepoltura, come suggerisce anche il mausoleo inglobato nella struttura della Torre.
L’archivio conserva vari tesori: un Messale miniato del 1309, un Liber Pontificalis del 1485 e vari incunaboli quattrocenteschi.