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MUSEO CIVICO ARCHEOLOGICO "ANTONIO DE NINO"

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All’interno dell’antico borgo medievale di Corfinio, ospitato in un palazzo signorile della famiglia Trippitelli risalente al XVII secolo, sorge il Museo Civico Archeologico “Antonio De Nino” di Corfinio. Il Museo, inaugurato nel 2005, raccoglie una ricca collezione di reperti frutto delle numerose campagne di scavi del XIX e XX secolo.


Il museo è dedicato alla memoria di Antonio De Nino, riconosciuto tra i padri dell’archeologia, della storia e dei costumi abruzzesi.

Antonio De Nino

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Antonio De Nino nacque a Pratola Peligna (AQ) nel 1833. Si diplomò, autodidatta, maestro elementare e svolse l’attività di insegnante a Rieti, nelle Marche e in Umbria.


Tornato nelle terre natìe con l’incarico di direttore della Scuola Tecnica di Sulmona, poté finalmente riprendere i suoi studi storico-archeologici della Valle Peligna. A partire dal 1877 iniziò una serie di attività di ricerca a Corfinio, che proseguì per altri trent’anni. Tutta la sua attività fu sistematicamente documentata nella prestigiosa rivista annuale “Notizie degli Scavi di Antichità dell’Accademia dei Lincei”.

De Nino, nel corso delle sue ricerche, individuò alcune necropoli antiche e alcune zone urbane con i relativi edifici sacri e di uso civile, dove effettuò campagne di scavi e sondaggi esplorativi. Inoltre fu un instancabile ricercatore di tutti gli oggetti recuperati dai contadini e dalla popolazione comune dai quali li riacquistava, spesso con fondi propri (risale infatti solo al 1939 il decreto che sancì la proprietà statale di ogni ritrovamento di antichità in Italia).

Tutti questi reperti confluirono nella ricca raccolta archeologica (circa 6000 pezzi tra interi e frammentari) che lo studioso provvide a sistemare in alcuni locali del complesso della Cattedrale corfiniese di San Pelino. Qui, all'interno dell'oratorio di Sant'Alessandro, furono esposti i reperti più significativi: corredi funerari, sculture, epigrafi, frammenti architettonici ecc.

La successiva attività di don Nicola Colella, canonico di San Pelino e appassionato studioso, proseguì l’opera iniziata da De Nino. Nel corso dell’occupazione tedesca durante la Seconda Guerra Mondiale (1943), il Museo fu saccheggiato; alcuni militari si appropriarono di oggetti preziosi (bracciali, orecchini, piccoli gioielli) esposti nelle vetrine, come si deduce dalla relazione del canonico di allora, Don Lucci.

L’esposizione fu ricostituita nei locali dell’Episcopio adiacente alla cattedrale ma, in seguito ad altri furti avvenuti negli anni ’60-’70, la Soprintendenza Archeologica d’Abruzzo decise di chiudere il Museo e spostare la collezione a Chieti.

Gran parte dei reperti esposti nel Museo Civico Archeologico provengono quindi dall’opera di De Nino, ma le campagne di scavo effettuate negli anni '60 e, soprattutto, dal 1987 al 1996, coordinate dalla Soprintendenza Archeologica e dall'Università di Roma, hanno fornito ulteriori materiali, arricchendo la collezione con i reperti provenienti dai siti urbani di Piano San Giacomo e Via di Pratola, dal santuario e dalle necropoli italiche di Sant'Ippolito e dell'Impianata, dallo scavo retrostante la Cattedrale di San Pelino.

Grazie all’apertura del nuovo Museo Civico Archeologico nel 2005, la collezione è tornata a Corfinio, ad impreziosire l’esposizione dei reperti rinvenuti nelle ultime campagne di scavo condotte negli anni ’80 e ’90 e coordinate dalla Soprintendenza insieme all’Università La Sapienza di Roma.

Il museo è articolato su due livelli. Nell’atrio del piano terreno è stato fedelmente ricostruito lo “Studiolo” di De Nino, con arredi tipicamente ottocenteschi e testimonianze della sua attività: alcune sue opere, rapporti epistolari e rinvenimenti. In un grande armadio-espositore sono esposti alcuni tra le migliaia di oggetti antichi rinvenuti da Antonio De Nino tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo.

Al primo piano sono visibili in successione, nelle sale espositive, i reperti che documentano i periodi dal Neolitico, all’Epoca tardo-antica, fino al Medioevo. La collezione è organizzata secondo un ordine cronologico e tematico, visibile in un percorso di ben 10 sale con 43 vetrine. Ciò si è reso necessario data l'eterogeneità di provenienza dei reperti. Gli scavi ottocenteschi, infatti, pur avendo restituito numerosi materiali e di grande interesse, non hanno consentito la loro contestualizzazione.

Stanza numero 1 Le testimonianze più antiche


Stanza numero 2 Le Tombe a grotticella - Le tre "Nobildonne"

 

Stanza numero 3 Le Tombe a fossa - I mercanti

 

Stanza numero 4 Il Santuario di Sant'Ippolito - Gli ex-voto

 

Stanza numero 5 Il Santuario di Sant'Ippolito - Il sacello


Stanza numero 6 La città


Stanza numero 7 Gli edifici pubblici

 

Stanza numero 8 Gli edifici sacri

 

Stanza numero 9 Le necropoli di età imperiale


Stanza numero 10 L'età tardo imperiale e medievale

Lo spazio iniziale è in parte dedicato (vetr. 1-2) ai reperti provenienti dal territorio della città antica: spicca tra gli altri un'accetta in pietra verde databile al IV millennio a.C. (periodo neolitico), attestante la frequentazione della zona già in epoca molto arcaica. Sono anche presenti vasellame, fibule, fuseruole e pesi dell'età del ferro (X sec. a.C.) che testimoniano la presenza di un insediamento e della relativa necropoli.

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Sala 1

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La prima sala è dedicata agli scavi di necropoli effettuati dal De Nino nel secolo XIX.

Gli scavi

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I materiali sono esposti secondo tematiche particolari: armi, gioielli, oggetti miniaturistici, oggetti per la toilette (specchi, porta-profumi), rivestimenti di letti in osso in parte combusti, anforette dipinte (vetr. 3-9). Di particolare interesse il piccolo cofanetto in bronzo con pomello a forma di pavone, oggetto femminile utilizzato come calamaio o come porta-trucco (vetr. 7).

Il vasetto a forma di fiaschetta con beccuccio (vetr. 9), dipinto a vernice nera e denominato nei modelli greci askòs, venne ritrovato dal De Nino sempre in tombe infantili e può essere identificato con le prime forme di biberon.


Tutti gli oggetti esposti nelle vetrine di questa sala provengono da tombe scavate nella ghiaia o da tombe a fossa (IV-I sec. a.C.); si tratta di tombe maschili (armi, torques), femminili (oggetti da toletta), infantili (oggetti miniaturistici, askòs).

Particolare importanza riveste la tomba femminile (vetr. 10) ricostruita in base alla descrizione lasciata dallo studioso: si tratta di una tipica tomba peligna con iscrizione su blocco parallelepipedo, rinvenuto sul terreno soprastante la sepoltura. L'iscrizione riporta il nome della defunta, SALUTA SCAIFIA, e il suo stato sociale, ANACETA CERRI, cioè sacerdotessa di Cerere, divinità che aveva certamente un luogo di culto a Corfinio e un collegio di addette ad esso preposte. Il corredo, ricostruito, è composto da un'olpe di bronzo con ansa a testa di sileno, da un'olla di terracotta, un vasetto in ferro, uno in bronzo con catenella e uno in terracotta sottile. Questi particolari vasi (olpai), rinvenuti anche negli scavi recenti, sembrano provenire da ambienti gallici, come anche i collari rigidi (torques -vetr. 4) dello stesso periodo.

Ad ambiente etrusco si riferiscono invece le fiaschette e il vasetto a testa di donna in bronzo (vetr. 6 e 8), mentre si rifanno a modelli tipicamente pugliesi (apuli) i vasetti e le anforette dipinte (vetr. 6 e 9), dette appunto "canosine".

Assai interessante è la presenza di vaghi di collana in ambra (vetr.5), rinvenuti anche in altri siti antichi della zona peligna. L'ambra, già dal periodo arcaico, proveniva dal nord Europa e testimonia quindi, come gli oggetti prima menzionati, una grande apertura commerciale con le popolazioni sia del nord che del sud, contatti già ampiamente consolidati con gli altri popoli italici e forse anche d'oltralpe.

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SALA 2

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Nella sala 2, la sala d'ingresso, si incontra la ricostruzione di una grande tomba a grotticella (scavata nella ghiaia) rinvenuta nelle campagne di scavo degli anni '90 (vetr. 11) .

La sepoltura

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La sepoltura mostra tre corredi tombali femminili, deposti originariamente accanto ai corpi delle defunte, probabilmente appartenenti alla stessa famiglia. I corredi  sono  piuttosto  ricchi,  paragonati  a  quelli  delle  tombe coeve, e comprendono frammenti di cofanetti in osso lavorato, olle, balsamari , un'anforetta canosina dipinta, chiodi, manigliette ed elementi che dovevano appartenere a piccoli oggetti lignei non più con-servati; spicca uno splendido "candelabro" (timiaterion), utilizzato in realtà per bruciare nel piattino olii e profumi.

Quest' oggetto, lavorato in bronzo con grande maestria, è quasi certamente di importazione; particolare la scenetta rappresentata: tre cani cirnechi (di origine egizia) cercano di rincorrere una piccola pantera che si arrampica sul fusto di una colonna.


Proseguendo nella sala 2 (vetr. 12-16) sono visibili i corredi di una necropoli con tombe a fossa scavata nel 1994 in prossimità del paese. I corredi sono relativi ad alcune tombe maschili, femminili ed infantili, caratterizzate dalla presenza di una grossa anfora da trasporto. Particolarmente interessante, nella vetrina 12, è la conservazione in una tomba maschile di resti di materiale organico (pesce) all'interno di una padella bronzea, cibo posto dai cari per la vita ultraterrena del defunto. Nello stesso corredo spiccano una bella olpe con ansa lavorata a testine d'oca e piccolo ritratto umano, uno strigile (oggetto in bronzo che serviva a detergere l'olio dalla pelle) e un rasoio.

Le altre tombe, perlopiù caratterizzate da vasellame in vernice nera, olle e piccoli oggetti di suppellettile personale, mostrano una minore ricchezza rispetto ai corredi di quelle dei secoli precedenti, segno di un cambiamento della situazione politica ed economica della città.

Molto attiva doveva essere nell'antica Corfinium la categoria dei commercianti, testimoniata appunto dalle numerose tombe con anfora da trasporto rinvenute nel territorio.

Sembra infatti che tali anfore (vetr. 14) fossero una sorta di riconoscimento nelle tombe di coloro che avevano a che fare con i commerci, soprattutto via mare, come testimonia anche il frammento di rilievo con raffigurazione di navigazione, trovato a decorazione di una tomba.

Insieme alle anfore sono esposti i tappi ed alcune anse con stampigliato il bollo del fabbricante.

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Sala 3

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Nella terza sala compaiono sui muri alcune scritte in latino, in italiano e in greco, relative a scrittori o comunque a brani antichi che trattano argomenti inerenti ai temi esposti o alla città di Corfinio. Le scritte accompagnano il visitatore fino all'ultima sala, scandendo così anche cronologicamente le tematiche trattate.

Le divinità

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In questa sala comincia l'esposizione relativa allo scavo di un santuario italico, indagato negli anni '90 nella zona extra-urbana di Fonte Sant'Ippolito. Dedicato ad Ercole e ad una divinità femminile (forse Cerere), il santuario era costituito da terrazzamenti su cui sorgevano un tempietto, addossato ad un lungo muro e attorniato da un altare e da cippi di dedica, e varie vasche che raccoglievano e canalizzavano l'acqua di una sorgente naturale. Il santuario fu attivo tra il IV sec. a.C. e il I sec. d.C.

Oltre alle strutture è stata indagata anche la stipe votiva del tempio, cioè la fossa dove venivano periodicamente gettati gli ex-voto di terracotta e di metallo che i fedeli portavano in dono alle divinità.

Nelle vetrine 17-20 sono visibili appunto alcuni dei numerosi oggetti legati al culto: oltre a varie parti anatomiche umane legate a riti propiziatori  (mani, piedi, testine, figure intere, falli ecc.), sono presenti figure di bovini, per proteggere gli allevamenti, una lucerna a testa di bue, una melagrana, simbolo di fortuna e prosperità ,un altarino, una coppia di sposi, varie figure di donne offerenti in bronzo, alcune delle quali sedute su una sedia, vasi rituali ,un balsamario in vetro, un coltellino ecc.

Nella vetrina 19 compaiono anche dei coperchi in terracotta, in origine sormontati da una statuetta della divinità; sotto al coperchio si ponevano incensi che provocavano una fumicagione. Nella stessa vetrina è visibile una antefissa (elemento decorativo dei tetti dei templi) con rilievo di una divinità femminile tra due belve, iconografia ben conosciuta anche in ambiente orientale.

È stata rinvenuta anche una parte della testa di una divinità femminile con copricapo, forse Cerere, probabilmente parte di una statua di culto in terracotta.

Nella vetrina 40 sono visibili numerosi ex-voto in bronzo raffiguranti Ercole e i suoi attributi (clava e pelle di leone), la figura più attestata nel santuario, anche nei bellissimi esemplari della sala seguente (vetr. 41 - 45).

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SALA 4

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Nella sala 4 spicca tra le altre statuette quella di un giovane vestito alla greca (vetr. 41), privo delle caratteristiche della divinità così ampiamente raffigurata negli altri esemplari.

La dediche

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 I cippi in pietra, trovati anch'essi nelle immediate vicinanze del tempio, recano incise le dediche ad Ercole e dovevano essere sormontati da una statuetta, di cui spesso rimangono visibili le tracce in metallo.

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Sala 5

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Nella sala 5 è visibile la ricostruzione del sacello rinvenuto sul terrazzamento superiore, il luogo ove doveva essere custodita la statua della divinità e dove si svolgevano i riti principali.

Le statuette

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Qui sono stati infatti rinvenuti alcuni altari, cippi votivi, piccole sta­tuette tra cui una bella testina di Dioniso (vetr. 46), ed alcune edicolette in pietra, con tracce di perni per sportelli, che dovevano custodire oggetti sacri e rituali. Visibili nella ricostruzione del sacello le gambe di una statua in terracotta, forse una delle statue di culto.

Nella stessa sala è visibile un'epigrafe di dedica di un altare al dio Fons, personificazione della sorgente.

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SALA 6

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Nella sala 6 sono esposti gli oggetti e gli arredi della città di epoca romana, sia quelli provenienti dagli scavi ottocenteschi che quelli di recente ritrovamento.

Le monete

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La vetrina 47 è dedicata ai numerosi pesi ritrovati nella città, utilizzati per il commercio, seguita da un espositore dedicato alle monete (vetr. 48).

A Corfinio sono state rinvenute numerose monete, dall'età repubblicana romana fino ai tempi recenti, delle quali viene qui proposta una rappresentanza. Particolarmente importante è la moneta italica in argento con un volto femminile e la scritta "ITALIA", coniata durante la Guerra Sociale (91-89 a.C.) da i popoli insorti contro il dominio romano per ottenere maggiori diritti politici. Corfinio fu scelta come capitale e denominata appunto ITALIA, nome che compare per la prima volta nella storia.

Nelle vetrine di fondo (vetr. 49 - 34) sono esposti oggetti della vita quotidiana (instrumentum domesticum), in particolare quella delle donne: nella vetrina 49 utensili e contenitori per il trucco (tra cui una pisside in terracotta con resti di trucco rosso), piccoli gioielli in bronzo e oro, balsamari in vari materiali (vetro, terracotta, alabastro), cucchiaini, aghi crinali e stili in osso, pesi da telaio, cerniere di cofanetti, pastiglie vitree decorative.

Nella vetrina 30 sono presentati vari esempi di ceramica da mensa, più o meno raffinata, lucerne decorate o con bollo di fabbrica, anforette, coperchi.

Nella vetrina 31, oltre a vasetti bucati utilizzati per la coltivazione dei fiori, sono esposti giochi antichi (dado, astragali, pedine con vasetto), chiavi, stili; sono inoltre raccolte decorazioni architettoniche in pietra e marmo; spicca tra queste un oscillum in pietra, elemento decorativo che veniva appeso e poteva quindi essere visto da entrambe le parti: un lato è decorato con un coniglio che mangia un grappolo d'uva, l'altro con un ritratto maschile caricaturale. Il bel capitello in porfido rosso adornava, riutilizzato, una povera tomba medievale.

Nella vetrina 3 sono esposti alcuni degli oggetti ritrovati nello scavo degli anni '90 presso la zona di Piano San Giacomo. Qui è stato rinvenuto un vasto quartiere urbano con domus e tabernae (negozi), strade, portici, terme.

Tra gli oggetti dall'area urbana notare un piccolo bronzetto a figura di satiro e un piccolo vasetto in vetro (balsamario) contenente tuttora l'unguento di circa duemila anni fa. Da notare piccoli gioielli, l'asta di una bilancina, pedine da gioco, uno spillone per capelli lavorato in bronzo, vasellame.


Al centro della sala sono stati posti arredi e decorazioni domestiche, tra cui un pannello mosaicato di un pavimento, alcuni frammenti di intonaci parietali dipinti raffiguranti un animale fantastico, un volto umano e decorazioni vegetali, un trapezoforo, cioè un sostegno di un tavolo in pietra.

Sempre al centro della sala sono visibili alcune sculture che dovevano probabilmente decorare strade o edifici della città: una colonnina in pietra con sculture di uccellini e vegetazione, un pilastrino in marmo con divinità seminuda e bambino che cavalca un delfino, una statua di bambino con in mano un coniglietto che mangia un grappolo d'uva. Dalla zona urbana provengono la base di una fontanella con chiusino e la scultura a testa di uomo negroide, decorazione e uscita per l'acqua forse della stessa fontana.

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Sala 7

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La sala 7 è dedicata ai monumenti pubblici, ancora in parte visibili e visitabili.

Le decorazioni

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In questa sala c'è una piccola vetrina (vetr. 34) dedicata ad oggetti rinvenuti presso complessi termali (come i balsamari, piccoli vasetti per unguenti, e la zampa in bronzo di una statua di animale, forse una capra, che doveva abbellire gli ambienti) o connessi con le attività lì praticate: lo strigile in bronzo era uno strumento utilizzato per detergere dalla pelle l'olio che veniva spalmato prima di fare gli esercizi fisici o i massaggi presso gli impianti termali.

L'epigrafe su pietra montata su un supporto girevole riporta un'importante iscrizione relativa a lavori di restauro del teatro antico di Corfinio, ancor oggi conservato sotto gli edifici della piazza principale del paese. La pietra, già riutilizzata per costruire la torre del complesso della Cattedrale Valvense, cadde durante un terremoto e fu recuperata per scolpire lo stemma di un vescovo del XVI II secolo.

Sempre relativo al teatro potrebbe essere il bel ritratto dell'imperatore Claudio (I sec. d.C.), già murato su uno degli edifici soprastanti il teatro e forse decorazione della scena originaria del monumento.

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SALA 8

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Nella sala 8 sono esposti alcuni materiali relativi agli edifici sacri e ai riti dell'epoca imperiale romana. Spicca una zampa di cavallo in bronzo, trovata nelle immediate vicinanze di un tempio, ancor oggi visibile lungo la via per Pratola Peligna.

I riti

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La zampa apparteneva ad una statua equestre che raffigurava un imperatore a cavallo; i templi dell'età imperiale erano infatti spesso decorati da tali tipi di scultura. Sulle pareti sono scritti i nomi delle numerose divinità attestate a Corfinio in epoca antica (Iside, Minerva, Vetedina, Attis ecc).

Nelle vetrine 35 -37 sono visibili ritratti di divinità, decorazioni di edifici templari, ex-voto ritrovati dal De Nino negli scavi ottocenteschi e un prezioso cammeo raffigurante l'imperatore Claudio, rinvenuto sempre nelle vicinanze del tempio suddetto.

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Sala 9

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Nella sala 9 (vetr. 38 -40) troviamo gli oggetti relativi alle necropoli ad incinerazione dell'età romana.

I riti funebri

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Nel II sec. d.C. infatti cambiò il modo di seppellire nell'ambito dei territori dell'impero: dalle inumazioni si passò quindi a bruciare i corpi dei defunti, spesso su letti funerari decorati in osso scolpito, insieme ad oggetti della vita quotidiana (balsamari, lucerne ed altri piccoli utensili). Le ceneri venivano poi deposte in un'olla in terracotta o in urne in pietra, in ambito peligno spesso scolpite a simulare le parti di un cofanetto ligneo.

Oltre alle attestazioni di tali rituali (olle funerarie, decorazioni di tombe in stucco, frammenti di decorazioni in osso, balsamari, anche combusti, lucerne ecc.) troviamo nelle vetrine anche degli oggetti fuori dal comune: nella vetrina 40 sono visibili alcune piccole tessere in osso rettangolari con incisi nomi e, sul retro, un numero. Identificate dapprima come pedine da gioco, sono ora riconosciute come tessere di ingresso agli edifici per spettacolo. Sappiamo infatti che a Corfinio, oltre al teatro, doveva esserci anche un anfiteatro; alcune famiglie avevano dunque i loro posti riservati ai quali potevano accedere tramite queste piccole tessere d'ingresso.

Nella sala è visibile anche un ritratto funerario di un giovane, decorazione di una tomba, e varie iscrizioni funerarie, tra cui quelle di due sacerdotesse il cui sepolcro era abbellito da scene di sacrifici. Altre iscrizioni si riferiscono invece alle tombe di un mugnaio (molitor), di un medico e di un maestro (paedagogus).

Sulla parete spicca nella traduzione italiana, parte di una iscrizione funeraria in versi inscritta sulla tomba di una fanciulla e ad essa dedicata dal padre.

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SALA 10

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La sala 10 è dedicata alla fase tardo-antica e medievale della città, quando, perso ormai il suo antico nome, il piccolo borgo, ridotto solo alla parte orientale della originaria estensione, venne chiamato Pentima e incastellato dall'abate Trasmondo nel sec. XI.

Pentima

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Già però dal V secolo Corfinio fu sede vescovile e dunque l'attuale cattedrale, datata al sec. XII, sorge su resti precedenti, in parte testimoniati dalle decorazioni scultoree visibili nel museo o riutilizzate nelle murature stesse della chiesa di San Pelino . Al centro della sala spicca una lastra con rilievo di grifone, già decorazione della cattedrale.

Nelle vetrine sono visibili alcuni oggetti di corredo rinvenuti in tombe d'epoca tardo-antica e alto-medievale (V-VIII secolo d.C.), tra cui vasellame, fuseruole, utensili inferro e bronzo, ganci e fibbie di cinturoni.

Nella vetrina 43 sono esposti frammenti scultorei delle prime fasi della cattedrale.